«Prendiamo
dunque come esempio della divisione dei lavoro una manifattura di poca
importanza, cioè una fabbrica di spilli. Un operaio non addestrato a questa
attività, non abituato all'uso delle macchine che vi si impiegano e
all'invenzione delle quali la stessa suddivisione del lavoro ha probabilmente
dato occasione, con tutta la sua fatica e attività potrà appena produrre uno
spillo al giorno, e certo non ne farà venti.
Ma come
oggi si esegue tale manifattura, non solo essa è un mestiere speciale, ma si
divide in molti rami, dei quali i più sono altrettanti mestieri particolari. Un
uomo tira il filo di metallo, un altro lo raddrizza, un terzo lo taglia, un
quarto lo appunta, un quinto lo arrotola all'estremità dove deve farsi la
testa. Farne la testa richiede due o tre distinte operazioni: collocarla è una
speciale occupazione, pulire gli spilli è un'altra, e un'altra ancora è il disporli
entro la carta; e così l'importante mestiere di fare uno spillo si divide in
circa diciotto distinte operazioni. Ho veduto una piccola fabbrica di questa
manifattura ove dieci uomini soli erano impiegati e ciascuno eseguiva due o tre
di queste operazioni. Benché fossero poveri e non avessero macchine moderne,
pure riuscivano a fare 48.000 spilli in un giorno. Se avessero lavorato
separatamente e indipendentemente l' uno dall'altro, ciascuno di loro non
avrebbe potuto compiere altro che 20 spilli».
In queste righe Smith parla della specializzazione dell'operaio che, al contrario dall'artigiano, impara a fare sempre e solo poche operazioni sul prodotto, per ottimizzare il lavoro, e non a produrlo per intero. Oltre ai grandi problemi etici che si sono sviluppati intorno alla figura dell'operaio, la pianificazione del lavoro è stata la base della produzione industriale ed è stata progressivamente evoluta e resa più efficiente nel corso degli anni, con l'introduzione di nuove macchine, fonti di energia, con l'invenzione della catena di montaggio '900 e con la meccanizzazione del lavoro.
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